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Una sconfitta “normale” non era da Lazio. Arrendersi non è da Lazio

Acerbi e Badelj in Genoa - Lazio
Lazio, Francesco Acerbi abbraccia Milan Badelj (Instagram @francescoacerbi88)

Una Lazio con mezza rosa fuori, un ko beffardo. Ma fermarsi in questo momento non è previsto.

Ammettilo: se con il Genoa, dopo tutti questi infortuni capitati alla Lazio, ti avessero preannunciato una sconfitta “normale”, avresti riso in faccia al tuo interlocutore. Ne hai viste tante, troppe per non sapere come danno e beffa vadano sempre in coppia.

Ripensa un attimo a com’è arrivato il pareggio: un rimpallo sulla superficie corporea di Sanabria. Roba che neanche Batshuayi al Mondiale, quando si è colpito in faccia dopo aver centrato il palo per festeggiare.

Poi ripensa alla coordinazione di Badelj, così perfetta da scatenare la gelosia della traversa nei confronti della rete. Sentimento che il palo non ha provato – faccio un esempio, eh – per la conclusione di Mimmo Criscito, capitano sincero del Grifone che, col Grifone appunto, non segnava da dieci-anni-dieci.

Adesso ragiona un secondo sul problema che ha bloccato Stefan Radu: un altro infortunio muscolare? No, troppo banale. Vuoi mettere una gastroenterite, che ti toglie le forze pure per chattare su WhatsApp, figurati per giocare in una partita di Serie A? Che poi il tiro a botta sicura di Correa sia stato parato dal “loro” Radu, è da geni del male della sceneggiatura.

Dai su, inutile girarci intorno, lo sai anche tu: se la Lazio doveva perdere con il Genoa, dopo tutte le difficoltà avute nello schierare in campo una formazione che non fosse di calcio a 8, non poteva che andare così.

Perché, quando ti trovi in una situazione in cui verosimilmente qualcosa devi rivedere –  quindici infortuni, da quando è cominciato il 2019, non possono essere solo sfortuna – la suddetta sfortuna con te ci mette il carico. E alla mano successiva ti avverte pure di avere l’asso di briscola.

Non ti senti come quello che dimentica le catene a casa – colpa sua – e trova sereno per tre quarti del viaggio (leggasi 75 minuti), per poi ritrovarsi sotto una tormenta di neve a pochi chilometri dalla destinazione? Senza contare che, nella corsia accanto, c’è un’auto trainata a rimorchio da un robot collaudato in Polonia.

Aiutati che il ciel t’aiuta, nello storyboard biancoceleste, si trasforma in “se non ti aiuti, il ciel ti fa piovere addosso pure il meteorite che ha fatto estinguere i dinosauri”.

Lo sai tu, lo sanno tutti i laziali come te. Ora dimmi, conosci un altro modo per fregar la sorte? Un altro modo che non sia scrollarsi di dosso i granelli di quel meteorite, che sarà pure gigante ma non ti ha abbattuto, e rialzarti in piedi per non dargliela vinta?

La resilienza è una capacità così profondamente laziale, che la stai praticando senza neanche accorgertene. “Non è ancora finita”, ha esclamato Francesco Acerbi dopo la sconfitta con il Siviglia. Ma l’avrebbe potuto ripetere anche dopo Marassi. E se uno come Acerbi ti assicura che non bisogna mollare, la vita non ha già dimostrato che bisognerebbe dargli retta? Ammettilo, a Genoa una sconfitta normale non era prevista. Non sarebbe stata da Lazio. Arrendersi proprio ora, anche quello non è da Lazio.

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